COLLISION TRIAL, un punto di svolta nell’approccio al trattamento ablativo delle metastasi epatiche, l’intervista ad una degli autori.

Il COLLISION trial, da poco pubblicato su Lancet Oncology, ha segnato un punto di svolta nell’approccio al trattamento ablativo delle metastasi epatiche, aprendo nuove prospettive per la pratica clinica. La Sezione di Studio di Radiologia Interventistica ha raggiunto Susan van der Lei, prima autrice dello studio, che ha condiviso gli aspetti chiave della ricerca, le implicazioni per i pazienti e il futuro delle strategie terapeutiche. Scopri di più su questo importante studio e sulle sue potenziali applicazioni nella nostra intervista.

Il consiglio direttivo della Sezione di Interventistica della SIRM
Intervista a Susan van der Lei, prima autrice del Collision trial
A cura della Sezione di Radiologia interventistica.

English Version:

1. The COLLISION trial was a major breakthrough in the field of interventional oncology. As the first author of the trial recently published in Lancet Oncology, what do you think is the most clear and important message of this study?

First and foremost, we have demonstrated that thermal ablation is a considerably safer alternative to surgical resection for small-size CRLM and ablation does not compromise overall survival. Remarkably and unexpected, the local recurrence rates were not different between the two treatment methods and the eventual per tumor local control (allowing repeat procedures) was even superior following thermal ablation. We hope these findings gain global recognition, enabling patients worldwide to access this safe and effective treatment. Furthermore, I hope this trial serves as a testament to the feasibility of conducting clinical research in interventional radiology, inspiring fellow IRs and colleagues to further invest in and advance our minimally invasive techniques.

2. How do you think the clinical practice of interventional radiologists will evolve? What advice would you give to a fellow interventionalist for engaging in discussions with surgical colleagues regarding these changes in clinical practice?

We hope that the results of the COLLISION trial will drive changes in international guidelines, positioning thermal ablation as a safer and equally effective alternative to surgical resection. However, it is important to acknowledge that most patients in this trial were treated at high-volume, specialized centers. As interventional radiologists, we must remain mindful of the learning curve associated with thermal ablation, as with any complex medical procedure.
Looking ahead, the next step in our practice is to further refine and optimize our techniques. For example, at the Amsterdam UMC, we have introduced the use of an arterial catheter to administer small doses of contrast into the hepatic artery, improving tumor visibility. More recently, we have started injecting contrast immediately before ablation, to ensure the contrast remains captured within the tumor (tumor tagging). This technique leverages the fact that ablation immediately occludes the venules surrounding the tumor, preventing contrast from washing away and enhancing procedural accuracy.
When engaging with our surgical colleagues, our focus should be on fostering true collaboration. Active participation in tumor boards and multidisciplinary discussions is essential to determining the most appropriate local treatment for each individual patient. In this era of precision medicine, it is also crucial to critically evaluate our own outcomes, including recurrence and complication rate. If our treatments are effective and produce strong results, surgeons and medical oncologists who prioritize the best possible care for their patients should feel confident and comfortable referring them to us.

3. With the COLLISION trial, you have demonstrated that it is possible to produce high-quality scientific evidence even in IR. Do you think this model is replicable with other specialists in other tumors (e.g., urologists and thoracic surgeons)?

I firmly believe that similar trials are feasible with other specialties. The key lies in fostering collaboration, rather than competition, between different medical disciplines. Ultimately, the focus should be on delivering the best treatment for each individual patient.
I encourage researchers to explore non-invasive treatment options, particularly those that provide a safe and effective alternative and may be non-inferior to the current standard of care. Of course, I am aware that medicine often involves navigating complex political dynamics. My mentor, Professor Martijn Meijerink, first conceived the idea for the COLLISION trial back in 2010, but it wasn’t until 2017 that the project could officially begin. We can all draw inspiration from his perseverance, belief in the procedure, and dedication to advancing this technique.

4.As a young researcher in the field of IR, what advice would you give to a young colleague who wants to pursue research?

My advice would be to begin by genuinely believing in the potential of your research and its contribution to the field. Doing research is not always easy and often requires a lot of time and patience. Engaging with tumor boards is essential to understanding clinical practice and the procedures you aim to study, ultimately improving the quality of your work. During the COLLISION trial, I learned a great deal from fellow researchers, surgical colleagues, and, most importantly, patients. My final piece of advice and a lesson I learned from my mentor: Research is always a team effort. This trial would not have been possible without the dedication of my colleagues. It was a true example of collaboration—not only within our research group, including Dr. Robbert Puijk, who initiated the trial, and Dr. Madelon Dijkstra, who conducted the extensive statistical analyses, but also in partnership with surgeons.

Versione in Italiano

1. Il COLLISION trial è stata una svolta importante nel campo dell’oncologia interventistica. In qualità di prima autrice del trial recentemente pubblicato su Lancet Oncology, qual è, secondo te, il messaggio più chiaro e importante di questo studio?

Innanzitutto, abbiamo dimostrato che la termoablazione è un’alternativa più sicura rispetto alla resezione chirurgica per le CRLM di piccole dimensioni con dati di Overall Survival comparabili. In maniera sorprendente e inaspettata, i tassi di recidiva locale non differivano tra i due metodi di trattamento e il controllo locale per tumore (- il protocollo consentiva procedure ripetute , ndr -) risultava addirittura superiore dopo la termoablazione. Speriamo che questi risultati ricevano un riconoscimento globale, permettendo ai pazienti di tutto il mondo di accedere a questo trattamento sicuro ed efficace. Inoltre, spero che questo trial dimostri come sia possibile condurre ricerche cliniche di elevata qualità in radiologia interventistica, ispirando i colleghi e i professionisti del settore a investire ulteriormente in questo campo e a far progredire le nostre tecniche mininvasive.

2. Come pensi che evolverà la pratica clinica dei radiologi interventisti? Che consiglio daresti a un collega interventista per confrontarsi con i colleghi chirurghi riguardo a questi cambiamenti nella pratica clinica?

Speriamo che i risultati del trial COLLISION portino a influenzare le linee guida internazionali, posizionando l’ablazione termica come un’alternativa più sicura ed altrettanto efficace rispetto alla resezione chirurgica. Tuttavia, è importante riconoscere come la maggior parte dei pazienti in questo trial sia stata trattata in centri specializzati ad alto volume. In quanto radiologi interventisti, dobbiamo essere consapevoli della curva di apprendimento associata alla procedura termoablativa, come per ogni procedura medica complessa.
Guardando al futuro, il prossimo passo nella nostra pratica è perfezionare e ottimizzare ulteriormente le nostre tecniche. Ad esempio, presso l’Amsterdam UMC, abbiamo introdotto l’uso di un catetere arterioso per somministrare piccole dosi di mezzo di contrasto nell’arteria epatica, migliorando la visibilità del tumore (CTHA, ndr). Più recentemente, abbiamo iniziato a iniettare il contrasto immediatamente prima dell’ablazione, per garantire che esso rimanga intrappolato all’interno del tumore (tumor tagging, ndr).
Nel confrontarci con i nostri colleghi chirurghi, dobbiamo puntare a instaurare una collaborazione autentica. La partecipazione attiva ai tumor board e alle discussioni multidisciplinari è essenziale per determinare il trattamento locale più appropriato per ogni singolo paziente. In quest’era della medicina di precisione, è altresì fondamentale valutare criticamente i nostri risultati, inclusi i tassi di recidiva e di complicazioni. Se i nostri trattamenti si dimostrano efficaci e producono risultati solidi, i chirurghi e gli oncologi, che come noi mettono al primo posto il miglior interesse del Paziente, dovrebbero sentirsi sicuri e a loro agio nell’inviarci i pazienti.

3. Con il COLLISION trial avete dimostrato che è possibile produrre evidenze scientifiche di alta qualità anche in radiologia interventistica. Pensi che questo modello sia replicabile con altri specialisti in altri tumori (ad esempio, urologi e chirurghi toracici)?

Credo fermamente che trial simili siano realizzabili insieme ad altre specialità. La chiave risiede sempre nel promuovere la collaborazione, piuttosto che la competizione, tra le diverse discipline mediche. In definitiva, l’obiettivo è sempre quello di offrire il miglior trattamento possibile per ogni singolo paziente.
Incoraggio i ricercatori a esplorare opzioni di trattamento sempre più mininvasive, in particolare quelle che offrono un’alternativa sicura ed efficace e che possano essere non inferiori allo standard attuale di cura. Naturalmente, sono consapevole che la medicina spesso implichi dover navigare dinamiche relazionali complesse. Il mio mentore, il Professor Martijn Meijerink, concepì l’idea del trial COLLISION già nel 2010, ma fu solo nel 2017 che il progetto poté iniziare ufficialmente. Tutti noi possiamo trarre ispirazione dalla sua perseveranza, dalla sua fiducia nella procedura e dalla sua dedizione nell’avanzare questa tecnica.

4. In qualità di giovane ricercatrice nel campo della radiologia interventistica, quale consiglio daresti a un/a giovane collega che desidera intraprendere la ricerca?

Il mio consiglio è di iniziare credendo sinceramente nel potenziale della propria ricerca e nel contributo che essa può dare all’area scientifica di interesse. Fare ricerca non è sempre facile e richiede spesso molto tempo e pazienza. Partecipare attivamente ai tumor board è fondamentale per comprendere la pratica clinica e le procedure che si intende studiare, migliorando così la qualità del proprio lavoro. Durante il COLLISION trial ho imparato moltissimo dai colleghi ricercatori, dai chirurghi e, soprattutto, dai Pazienti.
L’ultimo consiglio, una lezione appresa dal mio mentore, è: la ricerca è sempre uno sforzo di squadra. Questo trial non sarebbe stato possibile senza la dedizione dei miei colleghi. È stato un vero esempio di collaborazione — non solo all’interno del nostro gruppo di ricerca, che comprende il Dr. Robbert Puijk, che ha avviato il trial, e la Dr.ssa Madelon Dijkstra, che ha condotto le approfondite analisi statistiche – ma anche in sinergia con gli altri specialisti (in primis i chirurghi).

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